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IRCANA IN JULFA 339
Zaguro. (A ragion mi riprende). da sè

Demetrio.   Chiedi tu il prezzo. (ad Ircana
Bulganzar.   E poi
Ho da chiedere anch’io.
Demetrio.   Tutto avrai. (a Bulganzar
Zaguro.   (Di’, che vuoi?
(a Bulganzar
Ircana. No, Bulganzar, non devi lucrar su tal mercato;
Ma non sarà per questo teco il mio cuore ingrato.
Delle perdute gemme quest’unica mi resta;
Prendi; in mercè dell’opra, contentati di questa.
Lasciami in libertà di contrattare io sola.
Bulganzar. Vedete, se costei è una buona figliuola?
Contentomi del dono. Quest’è la parte mia.
Se mi regalerete, l’avrò per cortesia. (agli Armeni
Ircana. Avido. Di tal gemma non ti contenti ancora?
Demetrio. (Cresce il desio d’averla). da sè
Zaguro.   (Sempre più m’innamora).
da si
Demetrio. (Odasi dal tuo labbro quel che pretender sai). (ad Ircana
Zaguro. Libera parla, ircana, e quanto chiedi, avrai.
Demetrio. Non fa per noi tal schiava. (a Zaguro
Zaguro.   Dell’error mio m’avvedo.
Demetrio. Chiedimi il prezzo, Ircana.
Ircana.   Ecco il prezzo ch’io chiedo.
Comprimi chi mi vuole; impieghimi ad ogni uso:
Alla mensa, ai giardini, od al ricamo, o al fuso.
Tutto farò obbediente quel che di fare io vaglio;
L’onta mi si risparmi sol di un nuovo serraglio.
Onde ad Arabi, a Turchi, a Tartari, a Persiani,
Non fia che rivenduta esca a voi dalle mani.
Sotto le leggi vostre vivrò discreta ancella:
La servitude onesta mi sarà grata, e bella.
Chi comprami a tal patto (arbitra di me sono).
Nulla, nulla pretendo. Non mi vendo; mi dono.