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IRCANA IN JULFA 357
Bulganzar.   Ora lo chiamo.

(In atto di partire
Ircana.   Aspetta.
Viene a me? Perchè mai? Fatima ha nominata?
Bulganzar. L’ha il primo dì sull’alba sola in letto lasciata.
Ircana. Nel suo letto?
Bulganzar.   Che dite? Potea peggio trattarla?
Ircana. Prima di rintracciarmi, dovea prima scacciarla.
Che vuol da me l’infido, che vuol da me l’ingrato
Con una sposa unito, colla rival legato?
Vada da me lontano, vivo o in braccio di morte,
Sempre odioso a’ miei lumi lo rende una consorte
Digli che non ardisca di comparirmi innante.

SCENA X.

Tamas e detti.

Tamas. Sì, che ardirò di farlo. Eccomi alle tue piante.

Ecco un cuor, che non seppe soffrir da sè lontana
L’arbitra di sua vita, la sventurata Ircana.
So che un nodo ti offende; tentai di sciorlo ardito.
Di Bulganzar col braccio l’hanno i Numi impedito.
Tu, se fallito un colpo andò della tua mano,
Puoi replicarlo adesso; non andrà il colpo in vano.
Svenami a’ piedi tuoi; eccoti, Ircana, il modo
Di vendicar tuoi torti, e di disciorre un nodo.
Ircana. No, per tal via disciolto or non mi cal mirarlo;
L’amor mio, l’amor tuo, quello dovea spezzarlo.
Ucciderti volea pria di soffrire il torto.
Vivo or più mio non sei; tal non sarai, se morto.
Tamas. Aprimi per pietade, aprimi, Ircana, il seno.
Ircana. (Non avvilirti, o cuore). da sè
Bulganzar.   Fatel levare almeno.