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IRCANA IN JULFA 393
Misio. Contro due non m’impegno. fugge

Zulmira.   Tu col ferro alla mano?
(ad Ircana
Ircana. Ah se avuto l’avessi allor che dall’insano
Furor di donna ingrata si tentò la mia morte,
L’empia provato avrebbe, se la mia destra è forte.
Kiskia. Amica, io, lo sapete, sol vi ho fatto del bene.
(Con quello stile in mano rispettarla conviene), da sè
Zulmira. Torni Demetrio a noi; torni, e ammiri il valore
Dell’apprezzata schiava il docile signore;
E vegga a suo dispetto il cieco affascinato
Dalla perfida donna il traditor celato.
Tamas. Deh per pietà, nol sappia. Chiederò a voi perdono;
Sono d’Ircana amante, ma traditor non sono.
Amor mi rese ardito, errai, sì lo confesso;
Entrar qui non doveasi senza impetrar l’accesso.
Nascondersi è delitto, sì lo conosco anch’io;
Eccomi a voi pentito; perdono all’error mio.
Fate che non lo sappia d’Ircana il pio signore.
Non che timore indegno nutra vilmente in core;
Ma perchè di rossore, e di vergogna acceso,
Non veggami Demetrio, che ho per amore offeso.
Se la pietà vi muove, se l’onestà vi alletta...
Zulmira. Vo’ che Demetrio il sappia.
Tamas.   Perchè mai?
Zulmira.   Per vendetta.
Tamas. In che vi offesi al fine?
Zulmira.   L’offensor tu non sei.
Vendico, se ti svelo, gl’inganni di colei. (accenna Ircana
Tamas. Tu l’ingannasti? (ad Ircana
Ircana.   Il sesso tradì la forsennata.
Tentò la morte mia; m’hanno gli Dei serbata.
Kiskia. Ma i Dei si son serviti però della mia mano.
Orsù, qui si procura di rovinarsi in vano.
Siamo, figliuoli miei, siamo, per quel ch’io veggio,