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454 | ATTO TERZO |
SCENA VII.
Osmano e detto poi: Fatima.
Oppressi dalla forza fuggono i miei guerrieri.
Ma il cor del duce Osmano avvilir non si speri.
Sottratto da’ miei colpi per ora il figlio indegno,
Contro del genitore vo’ satollar lo sdegno.
Machmut. Non mi spaventi, Osmano: tanto ho valor che basta
Per rintuzzar chi ardito alla ragion contrasta.
Osmano. Vieni, se hai cor.
Machmut. Son teco.
(combattono, ed Osmano disarma Machmut
Oh sorte mia funesta!
Osmano. Perfido, morirai. (in atto di ferirlo
Fatima. Ah genitor, ti arresta.
(corre in difesa di Machmut, frapponendosi al colpo
Osmano. Sempre, figlia insensata, fin nell’onor offesa,
De’ tuoi nemici indegni ti mirerò in difesa?
Fatima. Padre, sai tu chi sia quel che ferire or tenti?
Osmano. Cagion del mio rossore, cagion de’ tuoi tormenti.
Fatima. No, genitor, t’inganni. Egli è un eroe pietoso.
Che padre a me si mostra, benefico, amoroso.
Contro del figlio ingrato arse per me di sdegno,
Prese a mio pro egli stesso il più efficace impegno.
Usandomi lo sposo per debolezza inganno.
Dell’onor mio propose di riparare il danno.
Sposa d’Alì mi fece, pieno d’amor, di fede,
Figlia d’amor mi vuole, di sue ricchezze erede.
Con tal bontà mi tratta, con tal dolcezza umana,
Che non gradir suoi doni fora protervia insana.
Placati, ch’ei lo merta; crediini a quel ch’io dico.
Degno è del tuo rispetto chi del tuo sangue è amico.
Machmut. (Oh virtù senza pari!)
Osmano. Vanti i suoi pregi in vano.