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IRCANA IN ISPAAN 489
Sciogliendo i lacci suoi la man di una sua figlia.

Se più tornar non vedi me fra tue soglie ancora,
Fatima a te lontana ti venera e ti onora.
In te ravviso il padre, il mio benefattore;
Grato ti sarà sempre, infin ch’io viva, il cuore.
Deggio lasciarti alfine, deggio partir, lo vedi:
Vo collo sposo unita, deh per pietà il concedi.
Nel liberar tue soglie da una infelice odiata,
D’essere a te pretendo più conoscente e grata.
Finchè qui resto, invano speri godere il frutto
Della pietà che usasti: io son cagion del tutto.
Qua non mi soffre Ircana, ella a ragion può dirlo;
Il suo voler comprendo, ed io deggio obbedirlo.
In mio favor soverchio1 di tua pietà è il consiglio 2,
Se la pietade offende il genitore e il figlio.
Grazie ti renda il cielo della bontà che usasti,
Se il genitor mi salvi, se l’onor mio salvasti.
Su questa man ch’io bacio, grazie ti rendo al dono:
Vado da te lontana, ma la tua figlia io sono.
Machmut. L’odi? la vedi, ingrato? (a T.) No, non sperar ch’io voglia
Che tu mi lasci ancora. D’un tal pensier ti spoglia.
Sono d’Osmano ancora dubbi dell’alma i sensi:
Non so qual sarà meco, qual d’esser teco ei pensi.
Chi sa che il cor feroce, cui sol lo sdegno alletta,
Ad onta della grazia, non pensi alla vendetta?
Tornar potrebbe al campo senza mirarti in volto,
Potria contro d’Alì lo sdegno aver rivolto;
Contro la figlia istessa esser potrebbe irato,
E si può dar che venga d’ogni furor spogliato.
Ma in così dubbio evento, te cimentar non voglio.
Dicolo, e ciò ti basti; più replicar non soglio.
Fatima. Ma la sdegnosa3 Ircana?
Alì.   Ma la tua nuora audace?

  1. Nel testo: sovverchio.
  2. Ristampa torinese e Zatta: Il mio favor sovverchio di tua pietà è consiglio.
  3. Savioli, Zatta e rist. torinese: sdegnata.