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512 ATTO PRIMO
A saziar la fame vengono destinate.

Ci chiamaro Antropofagi; lor sembrò cosa strana,
Ch’uomini si potessero cibar di carne umana.
Ci dissero selvaggi, ci dissero 1 spietati,
Barbari con noi stessi, e alla natura ingrati.
Camur. Non imbandir mie mense carni di mia famiglia.
Prima morrei di fame, che uccidere mia figlia.
Zadir. La beltà di Delmira dal ciel non fu creata
Per essere agl’ingordi da noi sagrificata.
Il docile costume, le amabili parole
Fan che da noi si veneri, come si adora il sole.
Papadir. Bene; quella bellezza che fra di noi si onora.
Dagli Europei nemici vien conosciuta ancora.
Zadir. Ah non fia ver che gli empi 2, avidi sol dell’oro,
Trionfino di questo sì amabile tesoro.
Aprano della terra le viscere feconde,
Spoglino le miniere dove più l’oro abbonde,
Portino ai regni loro le stolide ricchezze,
Anime sconsigliate alle rapine avvezze:
Ma quest’unico bene che rende altrui giocondo,
Non osino crudeli rapir dal nostro mondo.
Sì, Delmira è adorabile, l’amo più di me stesso.
La gelosia mi porta fino all’estremo eccesso.
Rapir se a noi la vogliono quei perfidi inumani.
Saprò Delmira istessa svenar colle mie mani.
Camur. No, non temer, son certo che la mia figlia ancora
Il genitor rispetta, il proprio sangue onora.
Serberà nei cimenti il cor saggio e pudico.
Chi viene a questa volta?
Zadir.   È il perfido nemico.

  1. Ed. Pitteri: disser.
  2. Ed. Pitteri: gl’empj.