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LA BELLA SELVAGGIA 517
Quella beltà che il Cielo prodigo vi comparte.

Alle vesti pompose, onde adornata or siete,
Coi rai del vostro volto voi la beltà accrescete.
Scherzo fu di natura fra queste selve ombrose
Formar le vaghe luci amabili e vezzose;
Ma correggendo il fato della natura il danno,
I meritati onori vostre virtudi avranno.
Delmira. La virtude, signore, che infra di noi si apprezza,
Consiste nel costume di semplice schiettezza.
Migliore educazione noi non abbiam di questa;
Donna che sappia fingere, si abborre e si detesta.
Per noi se un amatore vuol discoprire il foco,
Cerca opportunamente1 al scoprimento il loco.
Da un sì che si pronunzia da noi con core aperto,
L’amante appassionato dell’amor nostro è certo;
E se un no francamente a lui si dice in faccia,
Invano si lusinga coll’arte o la minaccia.
Vi è fra le genti vostre talun che a mio dispetto
Pretende violentarmi a risentire affetto;
Merito intende farsi della pietade usata;
Vuol de’ suoi doni il prezzo; sento chiamarmi ingrata.
Come! la libertade resa ad una donzella
Dunque non è giustizia? Dono fra voi si appella?
Ma se le leggi vostre chiamano ciò un favore,
Libertà mi si dona per vincolarmi il core?
Aspre fur le catene, onde da pria fui cinta,
Ma più mi pesa il laccio che vuol quest’alma avvinta.
E se pagare io debbo col sagrifizio il dono.
Libera men di prima, più sfortunata io sono.
D. Alonso. Chi è colui ch«v’insulta?
Delmira.   Ximene.
D. Alonso.   Ah il mio pensiero
N’ebbe finor sospetto, e il mio sospetto è vero.
Vidi ai segni del volto, vidi quell’alma accesa.

  1. Ed. Pittori: opportunemente.