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550 ATTO TERZO

SCENA VIII.

Delmira, Don Alonso, poi Piccarino.

Delmira. Perdonate, signore, la mia curiosità.

Tutte le donne vostre hanno sìri gran bontà? (con fronte
D. Alonso. Dissimili han le donne gli usi, i costumi e i cuori.
Mia germana, per dirla, non è delle migliori.
Piccarino. Ah signor, soccorrete due poveri infelici,
Contro cui don Ximene scarica l’ire ultrici.
È ver che son selvaggi, ma a tutti fa pietà
Il vederli trattare con tal barbarità.
Delmira. Oimè! chi son codesti?
Piccarino.   Parmi che sian chiamati...
Sì, Camur e Zadir.
Delmira.   Poveri sventurati!
Deh per pietà, signore; voi potete salvarli.
D. Alonso. Sì, lo farò, Delmira; vadasi a liberarli.
Salvisi il genitore, cui1 il vostro cuore adora.
Salvisi, per piacervi, il mio rivale ancora.
(parte con Piccarino
Delmira. Infelice Delmira! ah sì, son sventurata!
A un cuor sì generoso dovrò mostrarmi ingrata?
Sì, la virtù di un cuore sì generoso e pio
Ama l’ingratitudine che vien dal dover mio.
S’io compensar non posso tanto amor, tanto zelo,
Premio è a sè la virtude, e la compensa il Cielo. parte


Fine dell’Atto Terzo.



  1. Nella ristampa torinese e nell’ed. Zatta: che