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LA BELLA SELVAGGIA 575
Chi è reo, pensi a se stesso. Voi giudicar sapete.

Basta che l’innocente col reo non confondete.
Zadir. Ah perfida, t’intendo. Colle tue voci accorte
Sollecitare intendi sol di Zadir la morte.
Temi il rossore, ingrata, di rimirarmi in volto,
Or che il tuo cuore infido dalla catena è sciolto.
Sì, morrò, traditrice: sarai contenta appieno;
Ma proverai la pena de’ tuoi rimorsi in seno.
Delmira. No, crude), nel mio petto rimorsi io non pavento.
Fida ti fui pur troppo, ed arrossirmi or sento.
Fida io fui a un ingrato che la giustizia offende.
Che onestà non conosce, che virtù non intende.
Ma del mio cuor la fede a te non ho serbata;
La riserbai al padre, e al Ciel che mi ha legata.
Ed or che un tradimento deturpa il tuo costume,
O che mi sciolga il padre, o che mi sciolga il Nume.
Zadir. Di qual colpa mi accusi? Qual tradimento è questo.
Onde vai mendicando di perdermi il pretesto?
D. Alonso. Olà, qui si conduca colui che fu arrestato. (alle Guardie
Camur. Zadir, di tradimento il tuo cuor è macchiato?
Zadir. (Stelle! da Schichirat fossi stat’io’ tradito!)
D. Alonso. Venga il complice indegno ad ismentir l’ardito.

SCENA VIII.

Schichirat in catene fra le Guardie, e detti.

Schichirat. Ah signor, la mia barba...

D. Alonso.   Parla, e narra qual sia
Quel che il ferro a te diede.
Schichirat.   Voglio la barba mia.
D. Alonso. O chi ti diede il ferro, pubblica in chiari accenti,
O parlerai costretto fra orribili tormenti.
Schichirat. Di qual ferro si parla?
Delmira.   Di questo, scellerato.
(gli mostra il ferro