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GLI AMORI DI ALESSANDRO 109


Statira.   Ah! no, Barsina,

Non ti avvilire ancor. Se altro la sorte
Non ci lascia del padre, il suo coraggio
Conserviamoci almeno; e il suo nemico
In mezzo al popol folto,
No, non ci vegga impallidire in volto.
Barsina. Il nome d’Alessandro
Solo mi fa tremare.
Statira. Ah! quante volte
La prevenzione istessa
Ingrandisce gli oggetti. Io l’ho veduto
Quest’eroe sì feroce
Allor che per suo padre
Venuto è in Persia a provocare il nostro;
Fin d’allora conobbi,
Ch’ei chiudeva nel seno un’alma altera;
Ma non credo ch’ei nutra un cor di fiera.
Barsina. Ahi! chi viene?
Statira. Ogni cosa
Ti fa timor. Nol vedi?
Quegli è il perfido Besso. A lui dobbiamo
L’infelice destin che ci sovrasta:
Egli è nato fra Sciti, e tanto basta.
Barsina. Perchè mai ci tradì?
Statira. Per l’empia sete
Di ricchezza e dominio. Ei spera forse
Premio tal d’Alessandro,
Che nol sa meritar. Vanne, Barsina,
Non aspettar ch’ei venga
D’adulazion perversa
Le prove a ritentar. Debole troppo
È il tuo cor innocente
Per rilevar della menzogna il fine.
Va, ritirati, e aspetta
Ch’io sola in queste porte