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ARTEMISIA 191
Sotto un re valoroso! Abbiam finora

Languir mirato nell’obblìo sepolta
Questa misera terra. Il re fra’ vivi
Sol gemea per la sposa; or la consorte
Pianger non fa che per lo sposo estinto.
Quando vedrem ripullular fra noi
E le palme e gli allori? Insulti e scorni
Ci conviene soffrir. D’ozio si pasce
La gioventù. Van le bell’arti incolte,
Sconosciute le scienze; e il Cario nome
Vil materia di riso è ai Persi, a’ Greci.
Perduta è già del principe Nicandro
La speranza per sempre. Il grido sparso
Della morte del re trar lo dovrebbe,
Se ancor vivesse, ad occupare il soglio.
O non è tra’ viventi, od è in tal guisa
A se medesmo il suo destino ignoto,
Che non lice sperar di più vederlo.
Dunque o ceda Artemisia al zelo, al dritto
Di chi le offre uno sposo, o ceda il regno.
Restavi ancor del regio sangue Eumene;
Passi in lei la corona, e Farnabaze
Se non dall’una, abbia dall’altra il soglio.
Pisistrato. Ah Clorideo, nel proferir tai note
Pensa che io sono adorator di Eumene.
Clorideo. Ma sei nato vassallo e invan protesti
Aspirar all’impero.
Pisistrato.   Io sol pretendo
D’Eumene il cor, non la corona. Il Perso
Ch’io’invitai per tuo cenno, ad Artemisia
Ha rivolti i pensieri; io di tal nodo
Seco sol ragionai. Fino a tal segno
M’avrai compagno all’onorata impresa.
Ma se ti cal dell’opra mia, tel dico,
Non m’insultar, non mi privar di Eumene. (parte