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280 ATTO SECONDO
Perennio. Di quell’Enea, che dai Troiani lidi

Fuggitivo partì?
Claudio.   Non d’altri io parlo.
Perennio. Ah Selene, partiam.
Selene.   Se il Ciel ti salvi,
Dimmi, quando qui giunse? E come accolto
Fu dal rege Latino, e quale unisce
Interesse comun d’ambi lo zelo?
Claudio. Troppe cose mi chiedi. Or non ho tempo
D’appagar le tue brame. Sol dirotti
Che amistade li lega, e ch’è Lavinia,
Figlia del re Latin, d’Enea la sposa.
Selene. Partiam, Perennio.
Perennio.   Sì, partiam. (Comprendo
Ch’ella nutre nel sen la piaga antica).
Claudio. D’improvvisa partenza io parlar v’odo.
D’aver più non vi cal ricovro amico,
Nè soccorso da noi? D’Enea mi sembra
Vi turbi il nome e vi sconcerti il nodo.
Avvi forse fra voi col pio Troiano
Qualche occulto mistero?
Selene.   Ahimè! qual gente
Ver noi move le piante?
Claudio.   Ecco i Troiani:
Ecco Enea li precede.
Perennio.   Andiam, Selene;
Periglioso è l’incontro.
Selene.   E qual timore
Ci consiglia a partir? Chi è reo, soffrire
Dee i rimorsi nel sen, non l’innocente.
Perennio. Poc’anzi tu non mi affrettasti al mare?
Selene. Il mar si turba, ed è sdruscito il legno.
Perennio. Eh, di’ piuttosto che il tuo cor ti arresta.
Claudio. (Qui vi ha mistero e rilevarlo ho brama).
Selene. (Lo vuo’ veder, rimproverarlo io voglio