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312 ATTO QUARTO
Fortunata donzella! Oh valoroso,

Oh magnanimo Acate! Oh raro esempio
D’onor, di fede, e d’amicizia al mondo! (parte

SCENA III.

Acate, poi Enea.

Agate. Ah! non credea dell’amicizia al nume

Sagrificar la libertade ancora,
Io di Cupido e dei suoi lacci avverso,
Vedrò sua face a mio dispetto accesa?
Ed Enea me l’impone? Ah! non mel disse
L’amico ancor. Eccolo. Un sol suo cenno
Può far Cupido agli occhi miei men fiero.
Enea. Opportuno ti trovo. Ah! vieni meco,
Vieni, ho d’uopo di te.
Acate.   Dove?
Enea.   Alla reggia.
Acate. Che ti turba, signor?
Enea.   Per via palesi
I miei sdegni farotti, e i miei disegni.
Acate. Incontrasti Lavinia?
Enea.   Sì, l’ingrata
Procurai d’evitar.
Agate.7 Non l’ami?
Enea.   Io l’odio.
Acate. Ami forse Selene?
Enea.   No, tel giuro,
Non amo alcuna, e dell’amor mi pento
Che m’arse un dì pel loro sesso ingrato.
Acate. E me vorresti ne’ suoi lacci involto?
Enea. Io?
Acate.   Non sei tu che, per placar Lavinia,
Di Selene mi brami amante e sposo?