Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXV.djvu/40

Da Wikisource.
36 ATTO SECONDO
Marmut. Alì, teco permetti che a consolarmi io torni;

Belle prede davvero facesti in pochi giorni.
Lascia ch’io veda i schiavi, perchè del lor riscatto
Possa, se viene il caso, formar qualche contratto.
Questo vecchio mal concio al termine ridotto,
(oserva Canadir
Non vai, per quel ch’io vedo, un sacco di biscotto.
Codesti han buona schiena, e sembrami alla ciera
(osserva i schiavi
Che vendere si possano per gente da galera.
Questa qui? Sì signore, è un pezzo di maschiotta
(ad Argenide
Che verranno i mercanti a comperarla in frotta.
E quest’altra? È magretta, per dir la verità,
(a Cosimina
Ma posta in un serraglio un dì s’ingrasserà.
Alì. Dimmi, che fa Zandira?
Marmut.   Zandira? Vi dirò...
Ella per dir il vero... (Quel che ho da dir, non so).
Alì. Parla, che c’è di nuovo? Forse alcun l’ha cercata?
Guai a te, se la trovo venduta, o contrattata.
Marmut. (Povero me! ci sono). Per dir il ver, signore,
Venuto è a questa parte per essa il compratore.
Io, che fra noi si trovi, a lui tenni celato;
Ma il Dalmatino accorto l’Alcaide ha ricercato.
Or che giungeste a tempo, a riparare andate.
(D’essa già e di Lisauro le sensarie ho intascate).
Alì. Ibraim non ardisca disporne a mio dispetto,
O d’avermi insultato, si pentirà, il prometto.
Si conducano i schiavi al solito recinto,
Resti ciascun di loro dalle catene avvinto.
A riveder Zandira sento spronarmi il cuore,
Preferito esser voglio a ogn’altro compratore.
Ella è mia preda alfine, la vuo’ per ogni strada.
Se la ragion non vale, mi ha da valer la spada.