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E risponde all’imposizione del Visir:
Sì, so ancor questo,
So che la verità punge e dispiace.
Più care queste parole, nel Settecento veneziano, anche se in bocca d’un Bacherat:
Bella è la libertà; dolce è il morire
Per la patria comun. (atto III, sc. 3)
Da Parigi il vecchio commediografo, poco prima di morire, spedì allo stampatore Zatta, a Venezia, la Bella Giorgiana insieme con altre tragicommedie ancora inedite; e lo Zatta la stampò nel 1792, nel tomo VII della classe terza delle Opere Teatrali (vol. 28 della grande edizione). La ristampò l’anno dopo il Bonsignori a Lucca (t. XXXI); e uscì più volte nell’Ottocento. Ma i biografi del giocondo creatore veneziano la ricordarono confusamente, in fascio con le altre tragicommedie romanzesche e orientali, false di tono e di colore, aliene in tutto dal comico talento del Goldoni: così il Meneghezzi (Della vita e delle opere di C. G., Milano, 1827, pag. 131), il Ciampi (La vita artistica di C. G., Roma, 1860, pag. 31), il Nocchi (pref. alle Commedie scelte di C. G., Firenze, 1856, pag. XVII, nota). Soltanto il Pignatorre, nel suo Elogio a C. Goldoni (Venezia, 1802, pag. 38, nota). loda tutto. Il Goldoni stesso non la ricordò nelle Memorie, e la dimenticò il Rabany nella Liste chronologique des autres dramatiques del Veneziano (C. Goldoni, Paris, 1896). Allo Schmidbauer la bella Tamar sembrò, piuttosto che una georgiana, un'astuta veneziana (Das Komische bei Goldoni, München. 1906, pag. 152). Più di recente un anonimo pudibondo scrittore, che il Maddalena m’addita, in certa Rivista di letture (15 maggio 1914) segnava la Bella Giorgiana tra le opere del Goldoni "che i giovani maturi potranno leggere senza pericolo". Non crediamo che nemmeno tale onesto suggerimento riuscirà ad acquistare popolarità a questa infelicissima produzione teatrale che chiuse per sempre la serie delle tragedie e tragicommedie goldoniane iniziata nel 1734 col Belisario.
Pochi giorni dopo la Bella Giorgiana, il Goldoni fece recitare il Buon compatriotto, mentre preparava El sior Todaro Brontolon e Le Chiozzotte (v. Gazzetta Veneta dell’ab. Chiari); poi in Una delle ultime sere di carnovale disse il doloroso addio alla sua cara Venezia.
G. O.