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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/175

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L'IPPOCONDRIACO 173
Ranocchio. Oh Dio, nol so.

Dacchè presi il mercurio,
Ch’oggi si è reso arcano universale,
Sento crescermi il male. Io non lo veggo
Passar per le calzette, oh me infelice!
Certo la pelle mia non avrà pori.
Che m’apran dopo1 morte io mi contento.
So che mi troveran l’ossa d’argento.
Melinda. Signor, non dubitate,
Quest’esperienza farò far io stessa.
Ranocchio. 11 malan che vi colga;
Puoi esser che crepiate
Prima di me.
Melinda.   Nol niego;
Io son sana però.
Ranocchio.   Vedrete in breve,
Che sarò sano anch’io.
Già da un amico mio
Mi fu proposto un chimico eccellente
Che guarisce ogni male, e non vuol niente.
Melinda. È molto generoso!
Ranocchio.   È un uom dabbene.
Cinque doppie gli diedi
Per comprar gl’ingredienti,
Due per far il fornello, e tre per l’oro;
E il galantuom del suo vi mette i grassi,
Il carbon, la fatica, il tempo, i passi.
Melinda. (Oh quanti ne conosco
Di simil profession!)
Ranocchio.   Mi sento fiacco.
Presto, presto da pranso 2.
Melinda. Son due ore di sole,
E volete pransar?

  1. Nella prima edizione (1735) è stampato: doppo; e più sopra: pulizzia.
  2. Così nelle stampe del Settecento.