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L'IPPOCONDRIACO 181

SCENA II.

Ranocchio e delta.

Ranocchio. Qui giace il prestantissimo

Ranocchio infelicissimo
Che ucciso fu per suo destin maledico,
Non so ben se dal male, ovver dal medico.

Ecco il bell’epitafio
Che imprimer destinai sul mio sepolcro;
Serva ad altri d’esempio il caso mio:
Intendami chi può, che m’intend’io1.
Oh destino fatale!
Dovrò morir senza consorte a lato!
Se l’ingrata Melinda
Non m’avesse tradito, avrei con essa
Finiti i giorni miei. Ma la crudele
Che morto mi volea, no, più non voglio;
Fatt’è il divorzio, e d’ogn’amor mi spoglio.
Melinda.   V’è nessun che abbia desio
  (Di provar tormenti e doglie)?
  V’è nessun che brami moglie?
  (Che mestier meschino è il mio!)
Ranocchio. Amico, in fede mia
Voi spacciate una buona mercanzia!
Melinda. Vi piacela, 2 signor?
Ranocchio.   Non so che dirvi!
Mi piace, e non mi piace.
Vorrei, e non vorrei,
Ma temo di far male i fatti miei.
Melinda. (Vuò scoprir la sua mente). Io per le mani
Ho partiti eccellenti
Di donne ricche e belle,

  1. Petrarca: canz. Mal non vo’ più cantar com’io soleva, str. II, v. 2.
  2. Così in tutte le edizioni.