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giudice e parte, st. 1731). Nell’Impresario delle Canarie, che riempì nel 724 a Napoli, e nel "25 a Venezia gli intermezzi della Didone, ridiamo dei capricci e dei difetti, o meglio delle stravaganze, del teatro musicale (vol. XVII della presente “di pp. 352-353; e Croce, I teatri di Napoli cit., pp. 191-192; e Scherillo, L’Opera Buffa cit., pp. 146-150). In fine Tabarano (1731 e ‘46 a Venezia, 1738 e ‘44 a Bologna) è il contadino gentiluomo che Scintilla cerca bravamente di pelare per gir poi col suo Lucindo: ma egli si traveste da corsaro turco e scopre gli inganni della scaltra villanella (v. Croce, l. c., pag. 299, che attribuisce tale intermezzo al Saddumese, non al Belmuro).

Questi e altri, forse più umili, erano gli esempi che aveva il Goldoni quando a Feltre, nel carnevale del 1730, e forse a Venezia, nel 32, cominciò a scrivere i suoi primi intermezzi.

Fin dal maggio del 1729 incontriamo a Feltre Carlo Goldoni. “Io non mi scorderò mai di un paese” scrisse più tardi nelle sue memorie l’autore dei Rusteghi,”dove sono stato sì bene accolto, e dove ho soggiornato sedici mesi col maggior piacere del mondo” (vol. 1 della presente ed., p. 47). Aveva allora ventidue anni. L’ufficio di Coadiutore ossia di Vicecancelliere Criminale presso il podestà N. U. Paolo Spinelli, gli permetteva molti svaghi, com’egli stesso piacevolmente racconta: quello, fra gi altri, di istruire “una compagnia di giovani dilettanti” per alcune recite nel teatro del Palazzo Pretorio durante il carnevale. Furono scelti due drammi del Metastasio che si recitavano anche senza la musica, la Didone ed il Siroe (Mémoires, P. I, ch. 20: in luogo del Siroe nelle memorie italiane dice l’Artaserse, che proprio in quel carn. fu rappr. a Venezia): ai quali il giovane Coadiutore aggiunse due intermezzi di sua fattura, il Buon Vecchio e la Cantatrice, l’uno “comico” o sia giocoso e l’altro “critico” o sia satirico.

“È questa la prima volta” ricorda il Goldoni “ch’io esposi qualche cosa del mio sul teatro, e là principiai a gustare il piacer dell’applauso e del pubblico aggradimento”’ (vol. I cit. pag. 48). Il Buon vecchio o il Buon padre (come lo chiama nelle memorie in lingua francese) "consisteva in tre personaggi: un Pantalone, padre semplice, una figlia accorta ed un amante intraprendente. Io faceva quest’ultimo personaggio", racconta pure il grande commediografo, ‘mascherato con diversi abiti, e coll’uso di più linguaggi, tutti però italiani". L’amico Vettor Faggen, 2 MONDO, Vittore Facen, sosteneva “mirabilmente il personaggio di Pantalone” (vol. I, pp. 48-49). Due amanti che con qualche astuzia, con qualche travestimento, riescono nell’intento di sposarsi, non erano in verità cosa nuova sul teatro. Quanto a Pantalone, che non è più il solito vecchio innamorato, rivale dei propri figli, come nella commedia dell’arte, ma ha cambiato costume ed affetti, probabilmente inizia già il vero Pantalone goldoniano che ritrovammo nella Finta ammalata e in tante altre commedie. E poi da osservare come il Goldoni fin dal suo primo tentativo facesse uso del dialetto veneziano.

Dell’arte di questa farsetta che si dovette recitare fra un atto e l’altro