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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1929, XXVII.djvu/146

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138 ATTO SECONDO

SCENA VI.

Lindoro solo.

Sempre non fuggirai. Ma l’ira mia

Non è contro costui. L’empia, l’infida,
Mi sta sul cor. Come del cicisbeo
Si provvede così pria del marito?
Soffra chi vuol; soffrirlo non vogl’io.
No, non la voglio più. Col padre unito
(Di cui mi piacque l’invenzion bizzarra)
Vendicarmi vogl’io de’ torti miei.
Oh sesso femminil, quant’empio sei!
  Stolto chi crede
  Di donna al core,
  Non serba fede,
  Non sente amore.
  Ditelo, amanti,
  Non è così?
  Finge d’amare,
  Ma cangia poi
  Gli affetti suoi,
  Come si cangia
  La notte e il dì.

SCENA VII.

Il Conte, poi Gazzetta.

Conte. Camerieri, staffieri, cuochi, sguatteri,

Tutto in ordin sia posto;
S’attende in questo giorno da Milano
Il celebre marchese Cavromano1.
Or sì ch’io son contento

  1. Cavroman, "carne di castrato o di capretto cotta in umido": Boario.