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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1929, XXVII.djvu/247

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BERTOLDO 239
Vecchio d’alta malizia, e di gran senno;

Ed ha un figlio chiamato Cacasenno.
Re. Facciamla a noi venir.
Erminio.   Ma non vorrei...
Intendiamoci ben.
Re.   No, prence, andate;
Tutta a me conducete
La rustica famiglia.
Divertirmi e non altro oggi pretendo.
Erminio. V’obbedirò. (La commissione intendo).
Ma ecco che sen viene
Il buon vecchio Bertoldo. Egli ha saputo
Della vostra venuta;
E la sua mente astuta
Con qualche ritrovato
A venirvi a veder l’ha consigliato.
Re. Quel villan s’introduca. (ad un Servo
Erminio. Io so ch’è impertinente,
Che sprezza il regio impero.
Re. Innanzi a me non parlerà sì altero.
So che rustica gente
Usar non sa delle creanze il modo;
Ma so che col villan triste e briccone,
Se la ragion non val, s’usa il bastone. (parte

SCENA IV.

Bertoldo e detti.

Bertoldo. Riverisco, o signor, con umiltà,

Non già voi, ma la vostra maestà.
Re. Perché parli così?
Bertoldo.   Perchè, per dirla,
V’apprezzo come re di questo impero,
Ma come uomo non vi stimo un zero.