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364 ATTO PRIMO
Masotto. Dirò, signora mia...

Contessa.   Vi manca poco
Ch’io non sfoghi con voi dell’ira il foco.
Masotto. Ma io...
Contessa.   Siete un ribaldo.
Masotto. E perchè tanto caldo?
Contessa. Darmi torto così sugli occhi miei?
Masotto. Ma no, signora, io do ragione a lei.
Contessa. Dunque ho ragion.
Masotto.   Certo, signora sì.
(Per quel ch’io vedo, è meglio dir così).
Contessa. Ma il marito, dicevi, è alfin marito,
E convien... Che conviene?
Masotto.   Io dir volea,
Quando la moglie è dama,
Il marito dee far quel ch’ella brama.
Contessa. E voi, per compiacermi,
Dovete far in modo,
Che conchiudasi presto un simil nodo.
Masotto. Io non ci ho molta grazia;
Onde davver non so...
Contessa. Voglio che lo facciate.
Masotto.   Io lo farò.
Contessa. Alfine io son chi sono;
Son noti i miei natali,
Le parentele mie non sono ignote,
E si sa che una dote
Portata ho in questa casa signorile,
E quel ch’io voglio, io voglio,
Ed è questa giustizia, e non orgoglio.
Masotto. Anzi è cosa giustissima,
E vedrà che in effetto,
- Tutti le porteran maggior rispetto.
(Adularla convien).
Contessa.   Per una serva