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438 ATTO PRIMO
Taccio... ma quando poi... (a Dorina

Dorina. Quando poi, quando poi... Già vi capisco.
Quando verrà quel dì,
Averete di grazia a far così. (a Giannino
Giannino. Sentite? (a don Poppane
Poppone.   Non intendo. (a Dorina
Dorina.   Eh, che l’amore
Più candido, più puro,
Vuole il suo chiaroscuro.
E poi convien distinguere
Della plehe l’amor, come si sa,
Da quello della nostra nobiltà.
Voglio che civilmente ci trattiamo.
O che siamo, cospetto! o che non siamo.
  Si distingue dal nobile il vile
  Anch’in questo, mio caro signor.
  Una donna ch’è nata civile.
  Non si lascia avvilir dell’amor.
  Il villano, che sempre sta lì,
  Alla moglie suol dire così:
  Vieni qua - passa là - non ti vuò.
  Vien di su - va di giù - ti darò.
  Ma alla donna, che sempre non va,
  Il marito gentile dirà:
  Perdonate... vorrei... compatite...
  Fate grazia... venir... favorite...
  E la donna fa il proprio dovere
  Con piacere - ma con nobiltà. (parte

SCENA VIII.

Don Poppone e Giannino.

Poppone. In questo io mi rimetto.

In casa mia quel che si vuol si fa,
E lascio a ciaschedun la libertà.