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pastore. Il Goldoni, pittore della realtà, offre quand’è noiato e stanco, sì curiosi contrasti. Delle arie nessuna notevole, se non fosse quella del Conte nella sc. 7 del III atto: "Donne belle, se il volete ecc." o quella della sce. 5 dell’atto II, dove lo stesso vanta i propri titoli. Ma non deve sfuggire l’audacia di Pippo che minaccia il cavaliere col bastone: la gelosia d’amore rende anche qui temerario l’uomo rustico di fronte al nobile, come già nel Feudatario (v. pure la fine del II atto).

Questo libretto men che mediocre venne musicato da un maestro vicentino, Giuseppe Scolari (n. circa 1720, m. 1769), che abitò a lungo a Venezia e che findaal 1745 erasi provato nel genere giocoso (il Pandolfo fu cantato a S. Samuele nell’autunno ’45 e l’anno dopo a Modena, e la Fata meravigliosa a S. Cassiano nel carn. ’46). Coltivò pure il dramma serio e musicò per i teatri veneziani l’Olimpiade (1747),l’Adriano in Siria (1754), l’Artaserse (1758) e l’Alessandro nelle ìndie (1759) del Metastasio, e per il teatro di Ferrara la Didone abbandonata (1765). Il Goldoni rifece per lui nel ’56 la Statira che si cantò nella fiera dell’Ascensione a S. Samuele, già musicata nel ’41 dal maestro Chiarini, e nel ’51, almeno in parte, dal maestro Maggiore; e gli affidò, come vedremo, per il carnovale ’58 un altro dramma giocoso, la Conversazione. Altre sue operie serie e comiche rammentano il Wiel, il Sonneck e il Della Corte. — Un pettegolezzo racconta il confidente Medri nella sua riferta agli Inquisitori del 27 novembre ’59. Un impresario di Parma, uomo pessimo, colpì con due pugni il maestro Scolari, per aver distaccato tre dì prima "dal Caffè delle Piastrelle un Cartellone dell’Opera di Pesaro". Da una lettera di Gasparo Gozzi all’amico Màstraca, in data 31 dicembre 1755, si rileva come fosse cognato dell’attore comico Vitalba e abitasse "a san Giangrisostomo”.

Gli interpreti della Cascina sono quelli stessi che cantarono nella Diavolessa. La parte della Lena doveva adattarsi mirabilmente a Serafina Penni. Pippo ne fa un ritratto troppo generico nell’aria della scena 4 del | atto: "Due luci belle... - Paion due soli... - Fronte serena - Di grazie piena, Più bel visino, — Più bel nasino, - Più belle rose, - Tant’altre cose - Che dir non so". La Cecca poi, "Pastorella graziosa, grassotta" come dice il Conte, corrisponde a Rosa Puccini. — L’applauso fu abbastanza vivo se nella primavera seguente la Cascina si rappresentò a Milano, e in quella del ’57 a Firenze, e nell’autunno a Bologna, e nel carnevale ’58 a Novara. Nella medesima stagione si cantò a Pesaro, ma con le note di Gian Francesco Brasa, maestro veneziano. Di qui la postuma gelosia dello Scolari? Cinque anni dopo, nel carnevale 1763, ritroviamo la Cascina del compositore vicentino a Bassano, con un nuovo titolo: La campagna; e nello stesso anno a Berlino. Pure nel ’63 il libretto del Goldoni venne musicato a Londra da Gio. Cristiano Bach, detto il Milanese o anche l’Inglese (n. a Lipsia 1735, m. a Londra 1782), e cantato nel teatro di Hay Market (notizia del compianto amico C. Musatti, che l’ebbe dal maestro Pavan). Nel carnevale ’66 l’opera dello Scolari riappare a Lisbona, a Verona e anche a Reggio, ma ridotta qui a umile Intermezzo a tre voci; nel ’68 a Vienna (con arie di compositori diversi), nel ’71 a Pavia, e finalmente nel carnevale ’72 a Parma.