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e raggiungeva con quella i più lontani, assestava ai negligenti e ai distratti un colpo leggero, ma secco, quasi propagasse al legno la malignità delle sue nocche ossute. Ma la cosa terribile in quella virago era la bocca. Ancor oggi, passando dinanzi a certe vetrine-saggio d’abilità dentaria, Miss Chloe m’appare tutta d’improvviso: quella donna era la sua dentiera. Forse me l’ha impressa nel ricordo lo studio continuo che dovevo farne per imitare lo squittire, il sibilare della perfetta pronunzia.

Ma i tormenti della lezione non erano nulla paragonati al terrore che avevo dei giochi. Eleanor prendeva possesso di noi come di cose sue, come di schiavi che le spettassero di diritto, ci confinava in un cortile solitario dietro alla villa, perchè le nostre proteste non giungessero agli orecchi dei grandi. Mai ho visto in una bimba, in una donna, tanto serena e spudorata sincerità di prepotenza. L’arroganza anglo-sassone sposata alla ferocia australasa, facevano di quel meticcio, un mostro di malvagità incredibile. Non era lecito proporre, discutere, interrogare: “Perchè voglio così„ rispondeva fissandoci con i suoi occhi verdi, spruzzati di punti neri come d’inchiostro. Ci aveva scelto tutti inferiori a lei d’anni e di forze; io ero il solo maschio fra quattro o cin-