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144 l'altare del passato

Cara la mia cügnà tuchè-me’n po’ la man:
Tüt lon che v’raccomandö s’a l’è la mia maman,

Tüchè-me’n po’ la man, me cari sitadin,
Per vive che mi viva vëdrö mai pi Türin!

E sapete chi era la bela madamin? La figlia del re; quale re?

Il re di Savoia — e la cognata? e il duca di Sassonia?

La vecchia, le donne non sanno altro. È forse necessario sapere?

Nulla nuoce alla poesia come la cosa certa, nessuna cosa le è favorevole come la perfetta ignoranza.

Esco, scendo verso Torino che traspare in un velario a tre tinte: rosa, viola, verde tagliato dall’argento sinuoso del fiume, dall’argento delicato delle Alpi. Sono felice. Zufolo, canto. Ho sotto il braccio la bella cosa di bronzo. Ho nell’orecchio la bella cosa di parole; e penso che l’una e l’altra risalgono alla stessa epoca circa sono egualmente antiche: ma quella fatta di parole è più viva, è più fresca di quella fatta di metallo....

La bela madamin! la principessa Maria Ca-