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tempo, di offrirle lo spettacolo della sua felicità, di dirle grazie del buon augurio. Le avrebbe fatto una breve visita quel mattino: e nel pomeriggio o all’indomani le avrebbe presentata la sposa; immaginò la moglie biondissima e la bella signora bruna lungo il sentiero, tra gli ulivi e gli eucalipti. Sarebbe stata un’amicizia improvvisa, una dolce distrazione per Nada, in quei pochi giorni di sosta nel paese ridente. Affrettò il passo, giunse quasi senz’avvedersi a Villa Costanza: il nome splendeva sempre sul marmo immutato.

Spinse il cancello socchiuso, come un tempo, senza suonare, avanzò sotto gli aranci verso la rotonda: un chiosco di caprifoglio che circondava il tronco d’un palmizio, dove per solito s’adunavano gli ospiti. E un ospite già attendeva, una signora attempata, dalla canizie scintillante come l’argento sullo sfondo verde, ai raggi del sole obliquo. Claudio avanzò incerto, contrariato d’essere preceduto: avrebbe preferito quel primo colloquio senza testimoni venerabili. La signora si volse, lo considerò un uomo, s’alzò a mani tese.

Ma solo quando già fu vicino e dopo qualche secondo, Claudio riconobbe quegli occhi e quel sorriso. Traslì, volle dissimulare il suo sbigottimento, invano.