la camicia nella quale si penetra trattenendo il respiro, umiliati, contriti come una farfalla condannata a rientrare nella sua crisalide (suona la seconda campana!...), ecco il solino che strozza, i bottoni inconciliabili col solino, la cravatta volubile, ribelle come una cosa viva, le bretelle mai allentate o raccorciate abbastanza, la giubba che si cosparge nei risvolti di polvere di riso.... Poi, con il cuore in tumulto, dover scendere nella sala da pranzo, doversi comporre per i duecento passeggieri, che tutti si volgono verso il ritardatario, una maschera di calma disinvoltura, dover subire le peregrine arguzie del capitano: “Ecco il nostro caro avvocato ridotto all’estrema bellezza„, con un tono che significa “.... poteva levigarsi un po’ meno e non costringere gli stewards a ripassare due portate per lei....„, e dover sorridere come un collegiale riverente; all’estrema bellezza! Veramente le febbri del Malabar mi avevano lasciato un volto scialbo, emaciato, nasuto.... Che importa? Ero amato, ero desiderato, direbbe l’eroe russo — napolitano di non so quale pochade, — dalla più desiderabile creatura che ospitasse il Sumatra. Non illividiscano i teneri amici d’Italia: saranno rivendicati alla fine dalla più spaventosa catastrofe che la mia civetteria maschile abbia patito mai....