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il fiume dei roghi 237

acutissimo, infilzate come rosarii, e prima di scendere nell’acqua le gettano al fiume, pel rituale quotidiano. I turbanti, le sete, i velluti sono appesi a cespugli o sotto certi ombrelli immensi, senza nervatura, simili a funghi singolari; gli uomini entrano nell’acqua quasi ignudi, le donne conservano una lunga tunica che dopo la prima abluzione aderisce alla pelle e rivela più ancora l’ambra delle carni, l’armonia delle forme stupende. E tutti pregano e meditano. Meditano su che? La mia barca passa loro innanzi, deve deviare per non urtarli, ma quelli mi fissano e non mi vedono. Il loro sguardo è al di là, la loro anima è perduta negli abissi dell’ineffabile. Strana città dove tutti credono!

Perchè molti di costoro non sono fachiri, nè santi, nè pellegrini. Sono uomini di venti, di trent’anni, vigorosi e sani: artigiani, mercanti, soldati, operai che risaliranno le scalee per riprendere la lotta consueta, che rientreranno nella vita, ma che ogni giorno, due volte al giorno, scendono nella morte, s’immergono nel fiume a colloquio con la propria anima, per prepararsi quotidianamente al trapasso inevita-