parla al demone dell’illusione. E tanto era lo strazio della donna che, per il potere d’un fachiro, l’anima ritorna al cadavere già disteso sul rogo. E la madre si getta sul resuscitato, folle di gioia. Ma il principe giovinetto s’alza sulla catasta, respinge la donna con un gemito, si guarda intorno sbigottito, dice: «Chi mi chiama? Chi mi strazia? Dove sono? Chi ha spezzato in me l’armonia della Ruota? In quale delle innumerevoli apparenze del mio passato mi ebbi per madre questa forsennata? Portatela dall’esorcista! Mara, il tentatore, ulula in lei!». Così parlato il giovine ricade resupino e l’anima s’invola nell’ineffabile. La madre, la marayana Kritagma, fu quella che andò penitente fino ad Anuradhapura, nel centro di Ceylon, la Roma buddista, ed ebbe la grazia somma d’essere illuminata da Gotamo in persona, come racconta il poeta Kalidasa....