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le grotte della trimurti 9

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Il porto interminabile ci resta a poco a poco alle spalle: dirada la selva dei piroscafi, dei velieri, delle giunche; qualche zattera vaga ancora sul mare di stagno, sul quale emergono frequenti le pinne dorsali degli squali o balzano improvvisi, a frotte, i pesci volanti. Cielo e mare si confondono in una calma eguale, senza limiti, incolore. Si ha l’impressione di navigare nel vuoto; al tempo delle origini, quando i mari caldi nutrivano i germi dei pleosauri e delle felci colossali, le acque e i cieli immobili dovevano avere questo silenzio d’attesa.

Ma d’improvviso, come sospesa nello spazio, disegnata sopra una parete di cristallo, si profila l’isola di Elefanta, tutta verde, e dopo l’isola la fascia fulva della terra ferma coronata dalla catena dei Gati: il Bor-Ghat, una muraglia eccelsa di basalto sanguigno intagliato dalla natura a torri, a spalti guerreschi.

Sono le dieci del mattino. Il caldo è tale, che la corsa della lancia non dà