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un natale a ceylon 63

sti climi dove il lavoro è frazionato per età e per caste — abito da quasi un mese l’ultima rest-house offerta al viaggiatore dalla mirabile previdenza britanna. A Colombo, a Kandy, fra le gaie lusinghe degli hôtels cosmopoliti, ho sciupato molto tempo e danaro (troppo danaro per un letterato entomologo, non lautamente munito dalle patrie lettere e dai patrii musei) e devo ai buoni uffici del Console d’Olanda presso il governo cingalese questo rifugio beato, favorevole più di ogni altro alle mie ricerche.

È minuscola e modesta questa rest-house sul Picco d’Adamo, e non m’inorgoglisce il pensiero che v’ha pernottato il Kronprinz, lo scorso anno, quando venne a Ceylon, per la caccia all’elefante. Ohimè, la dimora non è imperiale! Ha una lindezza squallida di stazione ferroviaria e di casetta nipponica a un solo piano, come tutte le costruzioni dei tropici, circondata da una veranda a colonnette bianche, dal tetto ampiamente proteso; a sera si abbassa una grata a saracinesca che si chiude intorno premunendoci contro le visite dei felini. In Europa gli uomini mettono le tigri