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172 la marfisa bizzarra

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     Terigi d’allegrezza è di sé fuori,
le bacia in fretta tutte due le mani.
— Perdio — dicea, — illustrissima, i sudori
fareste uscir dalle midolle a’ cani. —
Cosi detto, correva a’ suoi tesori,
e tremila zecchini veneziani
tosto spedi. Marfisa a Ganellone
gli manda per l’incarco del guascone.
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     Or qui potrebbe dirmi alcun lettore
che una dama alle truffe non discende.
Ed io rispondo che Matteo scrittore
faceva in quell’etá commedie orrende,
e che mettea le dame, traditore
piú che le putte, ove il buon vin si vende;
onde Marfisa il costume apparava,
e a tempo e luogo poi l’adoperava.
53
     Una commedia avea Matteo formata,
detta /m buona moglie, e posta in scena,
dove una dama finta spasimata
d’un mercante vedeasi, molto amena.
Sei zecchin d’oro avea chiesti l’ingrata
in prestanza a colui, ch’io il credo appena;
con que’ zecchini poi col suo marito
avea barato il mercante e tradito.
54
     Questo è il costume che s’usava allora
nelle commedie e ne’ libri novelli.
Ora torniamo a Gan, che s’innamora
de’ tremila zecchini, che son belli:
gli tocca e con la vista gli divora;
poi gli ripon ne’ sacri suoi cancelli;
poi ride e dice: — Questi gli sparagno,
perch’io sono il mignon di Carlo Magno.