Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/263

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canto undecimo 253

23
     Quell’antica innocenza villereccia,
un tempo celebrata da* poeti,
non avea piú né seme né corteccia,
il rossor, il pudor si stavan cheti;
perocché certi paladini feccia,
o vogliam dir filosofi discreti,
che villeggiavan l’autunno e la state,
avean le villanelle addottrinate.
24
     Il vizio ne’ maggfiori è una magagna,
che ne’ maggiori sol non sta rinchiusa,
ma ne’ minor si dilata e accompagfna,
e ognun adduce esempi ed ha sua scusa.
Passa dalla cittade alla campagna,
e sin nelle caverne alla fin s’usa;
però i vizi de’ stolti paladini
s’eran diffusi ancor nei contadini.
25
     II lusso di Parigi smisurato
aveva fatti i paladin fallire:
volevan sostenersi in grado alzato
con debiti e con truffe da non dire.
Facean lo stesso i servi nel lor stato,
per imitare i grandi e comparire;
e le villeggiature de’ signori
avean fatti i villani imitatori.
26
     Non correan piú que’ rozzi panni e bigi,
que’ zoccoli all’antica e i cappellacci,
le forosette andavano a Parigi
spesso a tór nastri e scarpette ed impacci,
coralli che costavano luigi,
fior di seta, orecchin, ritagli e stracci
e cappellin con fettucce e frastaglie,
per pararsi d’amore alle battaglie.