Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/269

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canto undecimo 259

47
     Pur nondimeno alcuno era contento
con que’ vestiti del diebus UH,
perocché quattro sacca di frumento
avea cambiato in due fibbie di brilli;
e passeggiando la bottega, è attento
di serpeggiar col pie dove il sol stilli;
crescegli il cor, che gli occhi degli astanti
ferisca il fiammeggiar de’ suoi brillanti.
48
     Era un diletto udirli al lor arrivo
chiamar: — Bottega! — in voce gigantesca,
e all’apparir del caflfettier giulivo,
non voler piú che un gotto d’acqua fresca,
il suo caffè disprezzando cattivo:
pur convien spesso ch’egli fuor se n’esca,
perocché si minaccia e non si prega,
reiterando: — Bottega, bottega! —
49
     Diceano al caflfettier que’ ragazzoni
de’ goffi sali e impertinenze vili,
per fare i perspicaci e i ciceroni;
poi si gettan ridendo nei sedili.
Il caflfettier, che ha molte erudizioni,
le dice con de’ termini incivili,
e scopre il debituzzo e la lordura:
ma che non vince alfin disinvoltura?
50
     In questo postiglioni capitavano,
che avean le mance scosse per le corse,
e in un stanzin della bottega entravano,
sfoderando le carte con le borse;
Tosto que’ paladin s’aflfratellavano,
e la lor nobiltá lasciando in forse,
puntano al faraone a tavolino,
superando in bestemmie il vetturino.
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