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canto undecimo 271

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     II poeta pagan fingea che morta
fosse la moglie del di voto arpia,
e che i preti gli fossero alla porta
per le candele e per portarla via.
L’avaro, ch’era una persona accorta,
per l’avarizia spender non volia,
ma per unirla alla religione,
col piovan facea scena in un cantone.
96
     — Per scarico — dicea — di coscienza,
piovano, confessar vi deggio il vero:
mia moglie, e ve lo dico in confidenza,
nulla credea ne’ successor di Piero.
Le ho fatto correzioni in scandescenza,
ma le fatiche mie furono un zero;
mori secreta eretica in peccato,
né deve esser sepolta nel sagrato. —
97
     Il piovano, ammirato e grave in viso,
faceva del zelante e del prudente,
dicendo: — A un caso occulto ed indeciso,
non si deve dar scandalo alla gente;
e poi so ch’ella è ita in paradiso,
e il posso dir d’una mia penitente.
Dovete anzi, di cere liberale,
farle un solenne onor nel funerale. —
98
     Ciò che adduce va l’avaron marito
per non dar cere a quella sepoltura,
dò che il piovan rispondeva perito
a voler torce di buona misura,
cagionava un dialogo fiorito,
di veritá ripieno e di natura,
a tal che i turchi pel rider scoppiavano,
e le lor brache larghe scompisciavano.