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288 la marfisa bizzarra

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     Mi fece por sopra un gran carro chiuso
questo caritatevol ortodosso,
perché nessuno mi vedesse il muso,
per non aver pregiudizio d’un grosso.
Di cittade in cittá di me fece uso;
tu vedi il modo, ch’io tacer ti posso,
e servo per le spese come il miccio,
la notte dormo in su quel pagliericcio. —
28
     Morgante qui le lagrime rinnova,
che ognuna avrebbe empiuta una scodella;
i suoi merti rammenta e il duol che prova
per la prostituzione e si martella;
qualch’eresia gigantesca ritrova,
che la disperazion lo dicervella,
e dice della fede e la speranza
cose contro gli arcani e la costanza.
29
     Orlando molto lo rimproverava,
col viso brusco, sussiegato e fiero,
dicendo: — Anche nell’onde s’affogava,
perché mancò di fede, un di san Piero.
Colle tribolazion Dio ti provava,
per veder s’eri buon Cristian da vero. —
Disse il gigante lagrimoso e chiotto:
— È ver, ma risparmiar potea il casotto.
30
     — No — grida il conte, — vessazion piú fiera
dell’esporti al casotto potea darti;
la berlina, la frusta e la galera
potean giugnere ancora a tribolarti.
Vedi che inaspettato questa sera
a Vienna m’ha spedito a sollevarti. —
Grato Morgante allora è al ciel rivolto,
che frusta né galea non l’abbia còlto.