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canto duodecimo ed ultimo 315

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     Marsilio, re di Spagna Saracino,
teneva chiuse in cor le sue vendette,
che l’esercito antico parigino
gli aveva date gran sconfitte e strette.
Cheto era stato il diavol tentennino;
a’ cambiamenti gran riflessi mette,
e un giorno disse: — È questo il tempo nostro
di porre a Carlo un servizial d’inchiostro. —
136
     E le sue truppe vigilanti e destre
chiama a rassegna e inalbera stendardi.
È l’armata a cavallo e la pedestre
di dugento migliaia, uomin gagliardi,
per dare a Carlo di amare minestre
e i paladini a pettinar co’ cardi.
La fama è in Francia, e suona colla tromba,
che il re Marsilio coli ’armata piomba.
137
     Or chi vedesse i paladin puliti,
co’ cappellin sotto al sinistro braccio,
far lor passini ed atti sbalorditi
perché al Consiglio suona il campanaccio!
Dodon rideva ai ceffi impalliditi;
Orlando sembra l’ira nel mostaccio,
e grida: — Ah porci! or peserá la lancia;
è giunto il fin della gloria di Francia. —
138
     Si mandan messi al papa, alla Romagna,
nella Borgogna, in Scozia, in Inghilterra,
per la Francia, l’Irlanda, l’Alemagna,
per og^ buco a dir di questa guerra.
I signor parean uomin di lasagna.
I soldati vivean per ogni terra
facendo i sgherri, i bari ed i ruffiani:
mangia van le lor paghe i capitani.