Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/57

Da Wikisource.

canto secondo 47

47
     A ciii fer caso gli dava un saluto,
tosto chiedeva sei zecchini d’oro:
per la restituzion, fosse vissuto
quanto Nestorre, era vano il lavoro.
Non c’era uom che l’avesse conosciuto,
che non dovesse aver da Filinoro;
e sempre par che furberie ritrovi
per accoccarla e far debiti nuovi.
48
     Quando avea fatti debiti in cittade,
pe’ quali ad ogni passo avea la stretta,
diceva a tutti: — Io vo a vender le biade;
e se n’andava in una sua villetta
a infinocchiare i villan per le strade
con affittanze a buon mercato in fretta,
e beccava le rate anticipate
di ben venduti prima sei giornate.
49
     Poscia con un borsotto di ducati
alla citta ritornava di nuovo,
ed i piú sciocchi creditor pagati,
dicea: — Cosi l’operar mio vi provo. —
Ma non eran tre giorni ancor passati,
che due pulcin schizzavan da quest’uovo;
e quivi doppio il debito piantava,
foi nella faccia piú non gli guardava.
5
     Se avviluppar sapeva le ragioni,
quando nel fòro alcun lo fa citare,
ed interdire, e far le sospensioni
al messo che gli andava a pignorare,
e predicare i creditor bricconi,
ladri, usurai, non è da dimandare.
E dir che conosceva il suo dovere
e l’onore, e giurar da cavaliere!