che posso di circostanze contemporanee, che le risguardano, e i pochi fatti, che vengono a galla dalle infinite Prefazioni di Carlo, gran mare di chiacchiere per lo più inconcludenti, e delle quali è sembrato quindi inutile a me e all’Editore impinzare questi due nostri volumi. Giudicheranno dunque i lettori, non dimenticando che il Conte Gaspare è il primo a ricordare in proposito delle Fiabe di Carlo la commedia Aristofanesca, la quale ne’ più agitati e gloriosi tempi della libertà Ateniese segnava a dito in teatro le sue vittime. Ma il teatro avea allora altro ufficio civile di quello potesse e volesse avere negli ultimi tempi della Repubblica Veneta. Ben lo sapeva il Conte Gaspare, che forse con quell’ultima frase altro non volle se non accennare ad un ricordo, che, comunque, richiamasse un po’ meglio di tutto il suo commento il vero spirito della Fiaba di Carlo, e indirettamente forse ne biasimasse l’eccesso. Nondimeno anche i partigiani del Goldoni, fingendo di dar poco peso alla satira, arrecavano tutto il trionfo delle Tre Melarance allo spettacolo scenico. Il Gozzi spostò allora alquanto la sua tesi. Non volle più dimostrare che ogni ciancia è buona per attirar folla al teatro, bensì che l’artificio scenico, l’invenzione, lo stile possono dar grandezza a qualunque argomento, per quanto puerile.1 La se-
- ↑ Carlo Gozzi, Opere. Ediz. 1801, Tom. I. Prefazione alla Fiaba: Il Corvo, pag. 106. — Memorie cit. Parte 2. Cap. 10, pag. 5.