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prefazione. | clxiii |
ed alla parte scritta sono innestate le scene improvvise delle maschere paesane, che, con motti arguti e pronti, e con frequenti allusioni personali allietano il pubblico.... Le Fiabe adunque, che stanno per noi tra la Commedia dell’Arte e le moderne Féeries, sono un vanto della letteratura italiana, piacciono, e, non c’è critica che tenga, invogliano alla lettura per la loro originale festività.1»
Durante i trionfi delle Fiabe, la consuetudine di Carlo Gozzi con la Compagnia comica di Antonio Sacchi, che le aveva rappresentate, era divenuta quotidiana. Attori ed attrici dovevano a lui, al disinteresse, con cui prestava l’opera sua, il favore del pubblico e l’agiatezza. Gli attori lo retribuivano di gratitudine, di ossequio, di riverenza. Colle attrici era amico, confidente, consigliere, maestro, compare, protettore e, non ostante tutte le sue proteste e le sue pedanterie moralistiche, era anche amante. E perchè no? Erano donne «impastate d’amore2» (lo dice esso) e allorchè il Gozzi incominciò a mettersi in tali intrinsichezze, avea circa trentacinque anni.3 Stando anche solo alla storia dei tre amori, che narra in tre de’ più graziosi Capitoli delle sue Memorie,4