Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/243

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delle tre melarance 21

Diavoli. Celio rispondeva in prosa, ch’era Mago da vero. Farfarello soggiungeva:

Or ben sia chi tu voglia; se da Teatro sei,
In versi martelliani almen parlar mi dei.

Celio minacciava il Diavolo, voleva parlare in prosa a suo senno. Chiedeva se quel Truffaldino, da lui spedito con arte alla Corte del Re di Coppe, avesse fatto alcun’effetto; se Tartaglia fosse stato obbligato a ridere, e fosse guarito dagli effetti ipocondriaci. Il Diavolo rispondeva:

Rise, guarì; ma dopo Morgana, tua nimica,
Con un’imprecazione rovesciò la fatica.
Furioso, anelante, infiammato le guance
Va in cerca per amore delle tre Melarance;
Con Truffaldin sen viene. Morgana un Diavol tetro
Ha mandato con quelli, perchè soffii lor dietro.
Già mille miglia han fatto, e presto qui saranno
Nel Castel di Creonta, a morir con affanno.

Il Diavolo spariva. Celio esclamava contro la nimica Morgana. Spiegava il gran periglio di Tartaglia, e di Truffaldino inviati al castello di Creonta, poco lunge da quel luogo, e in cui si custodivano le tre fatali Melarance. Si ritirava per apparecchiar le cose necessarie a salvar due persone meritevoli, e utilissime alla società.

Celio Mago, che rappresentava in questa inezia il Sig. Goldoni, non doveva proteggere Tartaglia, e Truffaldino. Ecco un errore ben degno di censura, se meritasse censura una diavoleria, come fu questo scenico abbozzo. I Sigg. Chiari e Goldoni