Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/255

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delle tre melarance 33


Il Principe intendeva la ragione dell’ordine di Celio. Era imbrogliato per non aver nulla da raccoglier dell’acqua. Il caso non ammetteva riguardi di politezza. Si traeva una delle scarpe di ferro, correva al lago; la empieva d’acqua, e chiedendo perdono dell’improprietà del bicchiere, dava ristoro alla giovinetta, che robusta si rizzava ringraziandolo del soccorso.

Ella narrava d’esser figliuola di Concul, Re degli Antipodi, e d’essere stata condannata con due sorelle dalla crudel Creonta, per incantesimo, nel guscio d’una Melarancia, per ragioni tanto verisimili, quant’era verisimile il caso. Seguiva una scena facetamente amorosa. Il Principe giurava di sposarla. La città era vicina. La Principessa non avea decenti vestiti. Il Principe l’obbligava ad aspettarlo assisa sopr’al sasso all’ombra dell’albero. Sarebbe venuto con ricco vestiario, e con tutta la Corte a levarla. Ciò concluso, si staccavano con de’ sospiri.

Smeraldina Mora, attonita per quanto aveva veduto, usciva. Vedeva l’ombra della bella giovine nell’acqua del Lago. Non era pericolo, ch’ella non eseguisse diligentemente quanto si narra nella Favola di cotesta Mora. Non parlava più Turco italianizzato. Morgana le aveva fatto entrar nella lingua un Diavolo toscano. Sfidava tutti i Poeti nel ragionare correttamente. Scopriva la giovine Principessa, il di cui nome era Ninetta. La lusingava, si esibiva ad acconciarle il capo, se le avvi-

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