Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/488

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266 Turandot

     Perfettamente sa. V'è, chi la cabala
     Sa trar divinamente; ad un di questi
     Voi ricorrer potreste.
Tur. Io non son folle,
     Come tu sei, Zelima. Per il volgo
     Sono questi impostori, e l’ignoranza
     È fruttifero campo a tali astuti.
     Altro non suggerisci?
Zel. Io vi ricordo
     Le parole, i sospiri, il duolo intenso
     Di quell'Eroe. Come prostrato a’ piedi
     Del padre vostro con sì bella grazia
     Per voi chiese favor.
Tur. Non dir più oltre.
     Sappi, che questo core... Ah non è vero...
     Io l’odio a morte. Io so, che tutti perfidi
     Gli uomini son, che non han cor sincero,
     Ne capace d’amor. Fingono amore
     Per ingannar fanciulle, e appena giunti
     A possederle, non più sol non le amano,
     Ma ’l sacro nodo marital sprezzando
     Passan di donna in donna, nè vergogna
     Gli prende a dar il core alle più vili
     Femminette del volgo, alle più lorde
     Schiave, alle meretrici. No, Zelima,
     Non parlar di colui. Se diman vince,
     Più che morte l’abborro. Figurandomi
     Moglie soggetta ad uom, immaginando,
     Ch’ei m’abbia vinta, sento, che ’l furore
     Mi trae fuor di me stessa.