Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/512

Da Wikisource.
290 Turandot

Alt. Ah no. Credimi, figlia, è già impossibile
     Quanto speri saper. Veggo in quegli occhi,
     Nella faccia confusa, che folleggi,
     Che disperata sei. Io son tuo padre;
     T’amo, e tu ’l sai; siam soli. Dimmi, figlia,
     Se tu sai que’ due nomi.
Tur. Nel Divano
     Si saprà, s’io gli so.
Alt. No, Turandot.
     Tu non gli puoi saper. Vedi, s’io t’amo.
     Se li sai, mel palesa. Io ti dimando
     Questo per grazia. A quel meschin fo intendere,
     Ch’egli è scoperto, e fuor da’ stati miei
     Libero il lascio uscire. Spargo fama.
     Che tu l’hai vinto, e che fu tua pietade,
     Che a un pubblico rossor non s’esponesse.
     Fuggi così l’odiosità de’ sudditi,
     Che abborron tua fierezza, e me consoli.
     Ad un tenero padre, che sì poco
     Chiede a un’unica figlia, il negherai?
Tur. So i nomi... Non li so... S’ei nel Divano
     Della vergogna mia non s'è curato,
     Giustizia è, ch’egli soffra infra ì Dottori,
     Quanto soffersi anch’io. Se saprò i nomi,
     Nel Divan fien palesi.
Alt. (con atto a parte d’impazienza, indi sforzandosi
     alla dolcezza
) Ei fè’ arrossirti
     Per amor, ch’ha per te, per la sua vita.
     Ira, furor, puntiglio, Turandot,
     Lascia per poco. Io vo’, che tu conosca,