Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/545

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atto quinto 323

     Una sol via mi resta, e usar la deggio.
     Di regio sangue io nacquì, e mi vergogno
     D’esser vissuta in vil lorda catena
     Di schiavitù sin’ora. In te abborrisco
     Un oggetto crudel. Tu mi togliesti
     Padre, fratelli, madre, suore, regno,
     E l’amante alla fin. Esca da tante
     Sciagure Adelma. Togli anche il residuo
     Della mia stirpe, ed il mio sangue lavi
     Viltà fin’or sofferta. (raccoglie il pugnale di
     Calaf, indi fieramente
) È questo il ferro,
     Che risparmiasti al sen del sposo tuo,
     Perch’io mi trucidassi. Il popol miri.
     Se dalla schiavitù so liberarmi. (in atto di
     ferirsi. Calaf la trattiene
)
Cal. Fermati, Adelma.
Adel. Lasciami, tiranno... (con voce piangente)
     Lasciami ingrato... io vo’ morir. (si sforza
     d’uccidersi. Calaf le leva il pugnale
)
Cal. Non fia.
     Io da te riconosco ogni mio bene.
     Util fu il tradimento. Ei disperato
     Mi rese sì, che ’l cor potei commovere
     Di chi m’odiava, e ch’or mi fa felice.
     Scusa un amor, che vincer non potrei.
     Non mi chiamar ingrato. Ai Numi io giuro,
     Che, s’altra donna amar potessi, tua
     Questa destra saria.
Adel. (prorompendo in pianto) No; mi son resa
     Di quella destra indegna.