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102 memorie inutili

sia lasciata beccare nemmeno quel tenue onorario sotto al mio nome. Sarei innocente dal canto mio. Non ho mai chiesto conto di ciò che non doveva avere, benché non abbia neppure chiesta la mia cassazione.

Non professo crediti colla mia repubblica per azioni guerriere, e per le mie azioni private non ebbi, non ho, e non averò mai da rimproverare il mio zelo e la mia fedeltá.

Fui povero, sono povero, e mi lusingo di morir povero. Morrei certamente disperato, se mi riducessi a morire fatto ricco da’ raggiri, dall’inganno, dall’ingiustizia e dall’avarizia.

Correva il mese d’ottobre dell’ultimo anno del mio triennio illirico, quando mi imbarcai nella galera «Generalizia». I tempi erano avversi. Dopo un penoso viaggio di ventidue giorni vidi Venezia e respirai. Mi sono inchinato con de’ ringraziamenti al cavaliere che m’aveva ricondotto, e m’avviai verso la magione paterna nella contrada di San Cassiano, col mio picciolo equipaggio e con quello dell’amico signor Massimo, che invitai ad albergar meco sino ch’egli fosse passato a Padova, sua patria, sperando di poter contribuire in parte a’ suoi benefici con un buon alloggio.