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156 memorie inutili


Siccome aveva disegnato, in accordo co’ fratelli medesimi, di farla ristaurare ne’ molti suoi bisogni, d’affittarla per qualche anno e sino a tanto che, pagati i gravosi debiti assunti, avessimo potuto abitarla pacificamente, aveva anche pronto l’affittuale.

La dama contessa Ghellini Balbi, avendo udita la nostra disposizione, m’aveva detto che, se volessimo dare a pigione a lei quella casa, l’avrebbe presa volentieri, avendo una incomoda abitazione; e noi gliela avevamo accordata, per quegli anni però che avevamo disposto d’appigionarla.

Le divisioni seguite; il cimento in cui m’era posto di pagare tutti i debiti assunti colle rendite e senza fare ipoteche; lo storno ch’io aveva chiesto a’ tribunali de’ contratti mostruosi seguiti vivente il padre; erano offese da non essere perdonate con facilitá da chi aveva fatto i debiti, le ipoteche, i contratti.

La dama Ghellini Balbi aveva in buona fede escomeata la sua abitazione. Il proprietario di quella la aveva affittata ad altri per il tempo in cui ella doveva sgomberarla. Io non scorgeva liberata la casa nostra. I mesi scorrevano. Un imbroglio grande si avvicinava, e mi vedeva sforzato ad una violenza che abborriva, tuttoché fosse avvalorata dalla giustizia.

Chiesi con tutta la dolcezza l’albergo ch’era del nostro retaggio, avendo servito nel partimento il fratello dell’abitazione superiore, molto piú spaziosa e molto meglio conservata.

Niente mi si rispose, anzi si incominciarono a suonar delle trombe per tutta la cittá, le quali esprimevano che, non contento io d’aver ridotta una famiglia in angustia, cercava di cacciare fuori dall’asilo paterno la vecchia madre, tre sorelle nubili, un fratello colla moglie e cinque teneri innocenti lor figli, mettendo tutti raminghi sopra la strada, senza pietá.

Queste false voci dilaniatrici la riputazione, usatissime da’ mortali, fanno spesso ammalare e crepare un onest’uomo, s’egli è disarmato d’un risibile filosofico. Attendeva che mi venisse appiccata in questo proposito una di quelle liti interminabili che fanno disonore a’ forensi, ma che non mancano di campioni sostenitori.