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parte seconda - capitolo xxii 371


Egli però soccorse la mia tardanza seguendo il suo discorso.

— Una tale istituzione in Venezia — diss’egli — è utilissima per sviluppare e addestrare gli spiriti e per l’educazione de’ giovanetti — proseguí quel signore di etá matura, secretario del senato, residente alla corte di Napoli e comico della compagnia nobile di dilettanti. — Io trovo la detta istituzione bellissima, utilissima e degna. Che sembra a lei, signor conte?

— Lodo — risposi quando potei — la istituzione giá inveterata ne’ collegi per l’educazione de’ ragazzi, né potrei che approvare la medesima istituzione anche fuori da’ seminari, per tenere occupata la gioventú ch’esce dal corso de’ suoi studi. Ciò può essere un onesto e virtuoso divertimento per le famiglie e opportuna scuola per sciogliere gli spiriti, per esercitare la memoria, per arricchire di sentimenti, per far superare a’ giovanetti il legame d’una soggezione talora dannosa, e per far spedito, pronto e grazioso il favellar loro. L’emulazione in un tale esercizio, nonché in altri consimili, nella quale entrerebbero i giovani per superarsi l’un l’altro nel vincere applausi da’ spettatori, sarebbe un balsamo per tenerli occupati, lontani dall’ozio e dall’abbandonarsi alle pratiche viziose e a certa sbrigliata voluttá animalesca che sembra oggidí la principale occupazione de’ giovani. Quanto poi alle persone adulte, d’etá matura e giá occupate in uffizi e pesi rematici, crederei che queste dovessero essere piú protettrici d’un tale istituto e piú spettatrici che attrici. Tuttavia credo che gli uomini tutti possano a lor senno cercare divertimento per quelle vie che loro accomodano, né intendo dal canto mio di fare l’Aristarco. Sono poi tenuto a lei d’avermi proposto, e alla sua da me riverita societá d’avermi accettato per despota della privata nobile comica direzione. Chiedo però d’essere dispensato da un tale uffizio. Io sono d’un’indole atta al sorpassare e inclinata alla condiscendenza, e non all’imperare, all’imporre e al volere obbedienza, sicché riuscirei male nella ispezione che mi si vuole generosamente addossare. Oltre a ciò, io vivo a me stesso, e sarei un pesce fuori dall’acqua mia cheta, se entrassi nella dotta e tumultuosa societá ch’Ella mi accenna. Ella mi vede comporre talora delle frivolezze sceniche