Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/57

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parte prima - capitolo iv 51

panchetta, perché ella corrispondeva ad una finestrella di sotto della stanza di Sua Eccellenza. Il comando mi parve disturbatore, ma ragionevole.

Chiesi dove potessi andare, e mi fu risposto che il meglio era il calarsi con cautela sullo sperone per prua della galera.

M’avviai veloce, colle brache in mano per la corsia verso cotesto sperone per prua, ed ho saliti frettolosamente alcuni gradini, che conducono ad alcuni altri gradini per i quali si discendeva al da me bramato sperone.

Un «chi va lá» enorme di una sentinella morlacca ivi posta, che mi si presentò col fucile, con un viso tenebroso e con due baffi spannali, trattenendomi, accrebbe la mia necessitá.

Gli chiesi la libertá sulla mia occorrenza, guardando mansueto i suoi baffi opportuni, ed egli mi fu clemente lasciandomi oltrepassare.

Tra il buio e la premura grande mi calai sullo sperone, tenendomi ben forte ad una coda che penzigliava. Calcai sopra una massa molliccia, che gorgogliò molte volte una voce soffocata, come quella d’un asmatico. La necessitá stimolatrice e la tenebria non mi lasciarono esaminare quella massa ch’io calpestava.

Mi sollevai dal mio peso soperchio, non senza spruzzi marittimi che la galera in corso mandava da’ flutti con della violenza a innaffiarmi.

Sollevato e risalito, chiesi alla sentinella che fosse quella massa molliccia, che gorgogliò una voce senza articolazione sotto a’ miei piedi. Mi rispose con somma freddezza, ch’ella era d’un forzato morto di febbre maligna, a cui doveva aver calcato il petto; ch’egli era stato posto ivi al fresco, sino a tanto che s’approdava nell’Istria per seppellirlo in sul lito. Raccapricciai, ma le favorevoli consuete mie risa vennero tosto a soccorrermi.

Dopo dodici giornate molto incomode e dodici notti di fastidio e d’interrotto sonniferare, la nostra veramente galera giunse nel porto di Zara, metropoli della Dalmazia.

Seguí uno sbarco privato e quieto, e seguí poscia, qualche giorno dopo, lo sbarco strepitoso, in cui il provveditore generale Iacopo Cavalli cesse il bastone di comando al provveditore