Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/83

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parte prima - capitolo x 77

l’onore d’aver servito l’E. S. per tre anni. M’avvidi che la mia risposta non gli dispiacque e mi ritirai col solito profondo inchino.

Fui attentissimo a’ miei militari doveri, e sono certo che, se fosse avvenuto un cimento di guerra, mi sarei esposto da ragazzo romanzescamente onorato a morir martire della patria, della mia gloria e delle mensuali trentotto lire.

Non mi acquistai meriti nel mio triennio, a mio credere, che equivalessero il prezzo che riscossi dal principe, riscossione che non oltrepassò il mio triennio.

Epilogherò in un fascio tutti i meriti miei di quel tempo, per lasciar decidere a’ lettori se sono in debito di restituzione.

Sono stato diligente e puntuale alle mie guardie e a tutte le altre ispezioni mie, di giorno e di notte.

Ho seguito il nostro provveditore generale per mare e per terra alla visita delle fortezze terrestri e litorali.

Nelle occasioni di pestilenza, suffumeggiai tre o quattro volte il giorno in un crivello, con danno notabile delle mie camicie e de’ miei manichini, le molti e frequenti lettere che giugnevano da’ villaggi infetti dirette al provveditor generale, che si fidava della mia accuratezza in quell’uffizio di fumo.

Ho portati in voce degli arresti a de’ patrizi veneti dell’armata, a de’ nobili e a degli uffiziali, ordinatimi dall’E. S. e sempre con dispiacere.

Soggiacqui ad un arresto con molti altri uffiziali per una bistorta riferta fatta non so da chi a S. E. Non seppi vedere giammai qual colpa avessi io e qual colpa avessero gli altri, perché fosse fatta la bistorta riferta. Fui il primo liberato poche ore dopo, sulla richiesta di grazia fatta volontariamente per me da una dama Veniero gentilissima. Quantunque fossi innocente, la ringraziai come s’io fossi stato un reo da lei liberato.

Tralascio di porre nel conto de’ meriti miei i patimenti grandissimi che soffersi ne’ viaggi da terra sopra a de’ tristi rozzoni sotto agli ardenti raggi del sole di quel clima, e dormendo le notti vestito con gli stivali in gamba, spesso nelle aperti valli e campagne morlacche; e nei viaggi da mare dormendo nelle galere sopra a’ viluppi delle gomone, ferito da un milione di